
Nel precedente articolo accennavo all’importanza di un corretto uso della CNV da parte di scrittori e autori all’interno dei loro testi e a come a tutti, indistintamente, sia data la capacità di percepirla. Qui vorrei approfondire brevemente il discorso parlando di CNV in relazione ai personaggi di un libro.
Alcuni scrittori hanno un’abilità straordinaria nell’utilizzare la Comunicazione Non Verbale per descrivere i loro soggetti; altri, pur cogliendola come tutti, sono un po’ meno efficaci.
Intendiamoci, non dico che gli autori debbano sfruttare per forza la CNV; piuttosto penso, che se non è nelle loro corde, farne un largo uso risulti controproducente. È però vero che, se ci riescono, renderanno ancor più comunicativi i loro personaggi.
Se l’intento è far capire ai lettori i perché dei personaggi e farne cogliere il loro stato d’animo descrivendo le situazioni che vivono, il principio a tenere in considerazione è:
“Genera un pensiero e otterrai un comportamento”.
Per fare un esempio: possiamo descrivere una scena quasi identica, stesse le circostanze esterne, stessa l’ambientazione, ma vogliamo delineare due differenti stati d’animo del personaggio. Utilizzando correttamente il linguaggio non verbale nel descrivere la sua gestualità, le sue espressioni e il suo atteggiamento, saremo in grado di comunicare e far arrivare precisamente al lettore cosa prova il soggetto in questione in quell’esatto istante.
Un modello di comunicazione umana (stilato nel 1971 da Albert Mehrabian) stabilisce dei parametri precisi. Ovvero: il 7% della comunicazione fra individui è affidata al linguaggio verbale (ciò che dici, il contenuto); il 38% è comunicazione para-verbale (il timbro e il tono della voce, picchi, modulazione, ritmo); e ben il 55% del messaggio in una comunicazione fra persone è non verbale.
Ed è splendido vedere come una persona sia in grado di percepire questi messaggi in continuazione, sebbene passino attraverso la cancellazione, la distorsione e la generalizzazione con cui il cervello umano codifica gli input. Penso tutto ciò sia di una potenza incredibilmente bella, nel senso più puro del termine, per me è come un linguaggio perduto e per questo ancora più prezioso.
Quello che, ad ogni modo, posso consigliare con assoluta certezza agli autori è: NON improvvisare.
Il linguaggio non verbale è un linguaggio che non perdona perché è universale.
Io posso dichiarare una cosa, ma contraddirmi con il mio LNV: di certo, il mio interlocutore registrerà quello e non la mia dichiarazione. Questo perché è più che normale che si stia fidando delle sue sensazioni interne e non delle mie parole. È umano. Automatico.
Il corpo non mente. È possibile magari fraintendere il messaggio, certo, ma se si percepisce qualcosa di netto, non si sta sbagliando.
Comunicazione Non Verbale e Personaggi di un Libro (Parte II)
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Original photo credit: Andrew Seaman on Unsplash